Interviste

Manuela La Ferla e la sua Casa dell’autore

Scritto da Maria

Un luogo dove gli autori possano incontrare le loro idee, quelle già affidate alla carta, quelle che vanno estrapolate, “michelangiolescamente” come una forma dal marmo che già la contiene. Un luogo dove coltivare progetti, che sappiamo guardare al futuro osando, per certi versi, anche sfidarlo o anticiparlo. Un modo per investire sulla cultura, ma soprattutto sulla qualità della scrittura, che forse oggi più di prima, per la rapidità con cui è possibile raggiungere i lettori, ha bisogno di un accurato lavoro di editing.

A Firenze, Casa dell’autore è tutto questo. Ne parliamo, con la sua ideatrice, Manuela La Ferla.

 “Un crogiolo di idee per testi e autori di qualità”: come nasce e perché Casa dell’autore?

Nasce da più di vent’anni a fianco di alcuni tra i maggiori scrittori Italiani. Le ragioni sono due: il fatto che gli Autori sono sempre più soli e che nelle Case editrici non c’è oggettivamente più il tempo e il modo di dedicarsi a ciò che dovrebbe invece essere il centro del lavoro editoriale, il testo. Vorrei poter dire subito però che non è dedicata agli esordienti, anche se non escludo di scoprire qualche nuova voce, ma ad Autori di valore, che già pubblicano e hanno magari anche un loro Agente, però poi non hanno mai nessuno al fianco quando devono riflettere sul proprio lavoro.

Che cosa sopravvive della sua lunga esperienza da editor in questo progetto e che cosa, invece, ha accantonato per un tentativo di superamento?

Si tratta di una continuazione con l’antico lavoro editoriale, ma fatto in assoluta libertà e solo su testi di valore. La realtà – uso un aggettivo abusato – è sempre più fluida, va ascoltata, non si può stare sul piedistallo e snobbare ciò che accade tutto intorno, sono atteggiamenti da vetero neoclassicismo, per di più senza più un vero classicismo cui rifarsi. Non ho accantonato nulla, piuttosto ho fatto tesoro degli insegnamenti dei veri Editori con cui ho avuto modo di collaborare.

Nell’era del self publishing, ma ancor più del social writing – della narrativa condivisa e scritta a più mani – e della scrittura interattiva qual è il valore dell’editing fatto o da fare sui testi, come cambia questo lavoro? Ci stiamo avviando, a suo giudizio, verso una nuova visione dell’individualità creativa?

Guardi, io al self publishing non credo affatto, mi spiace. È un ossimoro. Non si può arrivare al lettore senza una mediazione critica di qualcuno che ci aiuti a leggerci come dall’esterno. Ma paradossalmente io non credo neanche all’editing fatto a tutti i costi, quello per rendere pubblicabile l’impubblicabile, o per normalizzare e pulire ciò che invece va lasciato sporco, duro, roccioso. Quanto alla scrittura a più mani, non mi convince ma son pronta a farmi sorprendere, mi permetto solo di far notare che se ne parlava già negli anni Novanta, non è poi una gran novità.

La scrittura come bisogno comunicativo dell’uomo e i social network: quali relazioni prevede e come incideranno nel futuro della letteratura, non solo nel nostro paese, che ha accolto sempre con un relativo ritardo gli impulsi del nuovo, ma in un panorama più ampio? Soprattutto come pensa vengano ridimensionati i ruoli dell’editore, dell’autore, del lettore, che in modi diversi sono le figure che investono in un testo?

I processi che regolano le diverse forme di espressione hanno solo in parte a che vedere con i mezzi con le quali queste si diffondono. E la Rete è un magnifico mezzo, è una potenzialità per far arrivare, conoscere. L’idea che un bambino nato nel Terzo o Quarto mondo possa avere le stesse opportunità di apprendimento di un figlio di europei benestanti, questa sì è la vera rivoluzione. Quanto ai ruoli: sopravviverà chi saprà reinventarsi in modo creativo, a cominciare dagli Editori che dovrebbero tornare a puntare sul catalogo, investendoci. Infine i lettori: non cerchiamo di fregarli con pacchetti colorati e strilli pubblicitari. Il digitale apre nuove possibilità, su questo non ho dubbi, ma finora la maggior parte dei vari competitor si sono limitati a riversare il proprio catalogo in e-book, difendendo il vecchio e sbarrando le porte al nuovo. Di ricerca e sperimentazione si parla poco, ma invece è quella la direzione, almeno secondo me.

Che cosa pensa che la letteratura rimpiangerà del passato e che cosa invece sarà felice di lasciare per strada?

Di letteratura non oso parlare, ma stando all’editoria di settore: resteranno per strada i testi fatti per compiacere qualcuno, i libri inutili, la selezione naturale diventerà feroce. Io ho cominciato a lavorare correggendo bozze per una casa editrice che si chiama Hopeful Monster, ecco vivrà forse la teoria dei “mostri speranzosi”, ci sarà un salto genetico, non per forza in senso evolutivo classico. Ci sarà finalmente la possibilità di un’interazione tra le diverse forme d’Arte, ma questo alla fine sarebbe un vero ritorno al passato, alle Botteghe d’Arte rinascimentali, dove ci si incontrava e ci si confrontava sul fare. Ora si parla molto di tutto, e poi – torno a ripetermi e mi scuso – i veri artisti sono lasciati soli dal sistema (politico, culturale, economico, editoriale…) Sono loro la nostra forza, invece.

Chiudiamo sempre le nostre interviste con due domande:

La frase che le è piaciuto di più scrivere, leggere o sentire, soprattutto dopo il suo lavoro di editing “maieutico”.

È una frase di Tiziano Terzani, contenuta in La fine è il mio inizio, libro che ho avuto il piacere di seguire editorialmente, lavorando al fianco del curatore, Folco Terzani. Frase su cui nulla è stato fatto, ci mancherebbe, ma che mi piace riportare a conclusione, perché indica una direzione e sento nel mio piccolo molto mia: «Io questa vita me la sono inventata, e mica cento anni fa, ieri l’altro. Ognuno la può fare, ci vuole solo coraggio, determinazione, e un senso di sé che non sia quello piccino della carriera e dei soldi; che sia il senso che sei parte di questa cosa meravigliosa che è tutta qui attorno a noi… Allora, capito? È fattibile, fattibile per tutti… Fare una vita, una vita. Una vera vita, una vita in cui sei tu. Una vita in cui ti riconosci».

Un suo messaggio per i lettori di Connessioni letterarie…

Chi ci legge è già in Rete, quindi solo un auspicio: bisognerebbe riuscire a usare i Social per conoscere il mondo e non solo per parlarsi addosso. Puntare l’occhio di bue non sul proprio ombelico, ma su ciò che ancora non conosciamo, ma questo Connessioni letterarie, a cominciare dallo splendido nomen omen già lo fa, auguri dunque!

Maria Mancusi

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