È un’esperienza di straordinaria bellezza. È come se il mondo, nascosto dietro un velo finché non lo tocco, mi si rivelasse improvvisamente. Sento che la pioggia è generosa, che mi ha concesso un dono, il dono del mondo. Non sono più isolato, assorbito dai miei pensieri, concentrato sul da farsi. Anziché dovermi preoccupare di dove starà il mio corpo e di che cosa incontrerà, mi viene regalata una totalità, un mondo che mi parla. Ho afferrato il perché di questa bellezza.
Il dono oscuro, edito da Adelphi (2019), è una sorprendente raccolta di riflessioni da parte dell’autore, John Hull, che racconta la progressiva eppur inarrestabile discesa nella penombra e, infine, nella più totale cecità. Si tratta di un punto di vista inedito non romanzato, senza inizio né fine, che racconta delle tante, minuscole sfaccettature che accompagnano la perdita della vista e tutto ciò che ne consegue. Dopo aver letto questo libro verrebbe da sollevare anche una riflessione su modi di dire come quello sopra menzionato, il punto di vista: quante espressioni utilizziamo riferendoci al vedere? Quante, delle cose che diciamo, sono direttamente legate all’immediatezza dei nostri sensi? Inevitabile considerare come tali espressioni perdano di valore nel momento in cui si rivolgono a un soggetto in qualche modo mancante, poiché diventano paradossali: letteralmente, non ha senso chiedere a un cieco quale sia il proprio punto di vista.
In parte possono sembrare semplici disquisizioni di carattere formale, ma in realtà svelano le miriadi di implicazioni (teoriche e non) che la cecità può comportare. Hull accompagna il lettore raccontando di queste difficoltà legate al quotidiano e la sorpresa sorge nel realizzare una sorta di pigrizia mentale che accomuna ognuno di noi nel dare per scontate svariate circostanze, dalla facilità nel congedarsi da una conversazione per salutare qualcun altro, al legame che creiamo tra una persona conosciuta e il suo volto, fino alla percezione visiva che abbiamo di noi stessi e della persona amata e desiderata durante l’intimità. Tutto cambia nella prospettiva di un cieco e persino la neve è inaspettata: da vedenti ci si aspetterebbe che la difficoltà maggiore in mezzo alla neve sia il rischio di scivolare e invece è la perdita dell’orientamento. La questione rimane non dove si debba arrivare a destinazione, bensì dove ci si trovi in quel preciso istante di perdita di parametri.
Tra un paragrafo e l’altro, emergono anche i racconti dei sogni di Hull: sogni vividi, a volte spaventosi a volte liberatori, di una chiarezza intensa e sorprendente che ricorda come la mente abbia conservato i colori e le forme, sebbene queste sembrino sbiadire nel tempo. Persino i contorni del proprio volto.
Il ritorno alla realtà è talvolta complesso e accompagnato da ansia, depressione, senso di claustrofobia, passaggi tremendi ma necessari nel lungo processo di accettazione.
Hull sostiene con forza che la cecità, come ogni avvenimento della vita, debba essere capito prima ancora di venir accettato come inevitabile. È necessaria una ricerca di senso, di interconnessione fra i vari elementi, giacché «quando parlo di ricerca della comprensione, mi riferisco a una fede in cerca della comprensione. Ecco perché, per me, non può esistere una rassegnazione stoica a un destino imperscrutabile; non si può stringere i denti né accettare, per quanto coraggiosamente, un destino privo di significato».
Consiglio caldamente questo libro poiché invita a una riflessione intima e scrupolosa di tanti antri della nostra mente, antri riempiti da immagini e che per abitudine non siamo abituati a osservare veramente – a occhi chiusi, in attesa che ci porgano i loro doni oscuri.
Carlotta Papandrea
Titolo: Il dono oscuro
Autore: John Hull
Anno: 2019
Editore: Adelphi
ISBN: 9788845934094