Recensioni

Un amore – Dino Buzzati

Scritto da Enrica Fallone

Un amore- Dino BuzzatiLe recensioni di Connessioni Letterarie

Interrogarsi sulle ragioni dell’amore equivale spesso ad addentrarsi nel labirinto delle logiche paradossali, dei quesiti costruiti senza ipotesi di soluzione, come chiedersi se l’orizzonte sia più esteso in lunghezza o in larghezza, come chiedersi se un amore preso a peso – e poi svenduto a poco prezzo e vilipeso e giocato a dadi e poi taciuto come si tacciono i delitti più turpi – possa infine mutare forma e sostanza, acquistare un peso specifico non quantificabile, se non nella misura che è data da ampiezze e profondità, se non nella misura che è data dalle verità del cuore.

Eppure, sull’improbabilità di certi amori, si sono interrogati in molti; sugli amori scomodi e inopportuni, sugli amori irriverenti e irragionevoli. Sull’irragionevolezza dell’amore. Ché certi amori sono sbagliati in partenza, concordanze stonate, scommesse perse nel computo delle cose possibili. E sono amori che riconosci immediatamente, portano in dote stemmi di luce e bellezza, ma solo in pochi li sanno guardare.

A dirla tutta, il vero problema è che non esiste prova ontologica dell’esistenza dell’amore. È un atto di fede, piuttosto. Un salto nel buio che non ammette esitazioni, pena l’esclusione dal paradiso terrestre; non sono ammessi ragionieri, nelle cose d’amore, che si sappia: non c’è calcolo né preventivo, solo predestinazione, che la si voglia assecondare oppure no.

E, allora, ecco: quando sai che dovresti fare tutto, veramente tutto, fuorché abbandonarti a un amore improbabile; quando vorresti girarti sui tacchi, fare dietrofront, prendere la stradina laterale – una qualunque: c’è sempre una stradina laterale a disposizione, un cunicolo in cui infilarsi per ripararsi dalle piogge – e andartene il più lontano possibile; quando ogni dettaglio, ogni minuzia, sta lì a consegnarti l’evidenza dei fatti: che, no, questa storia non potrebbe funzionare mai, nemmeno se tutti gli astri del cielo cospirassero a vostro favore, nemmeno se Eros personificato scendesse sulla terra a sancire la vostra unione; quando la tua esistenza scorre serena e sai, lo sai benissimo, che perderai il sonno e ogni parvenza di lucidità, e nonostante questo non puoi fare altro che amare: bene, questo è un amore irragionevole. Questo è un amore. Un amore. Uno e molteplice. Uno e trino, come la santa trinità. Osceno, scandaloso, ossessivo: bellissimo.

Nato per caso in una casa d’appuntamenti con squallidi arredi, stridenti e sordidi, Un amore di Dino Buzzati è uno di quegli amori che – ci puoi scommettere – durano meno di un sospiro, neanche se ci credi, neanche se fai di tutto per raddrizzarlo, e spazzi via la polvere per renderlo presentabile, per avere qualcosa da dire alla vicina di casa che, stanne certo, ti chiederà di lei.  Ché l’amore non si elemosina mai, ma a volte sì. Ché la felicità, in amore, è lusso per pochi; ché la bellezza e l’oscenità, a conti fatti, han pesi uguali e non si possono barattare per pochi spicci di reputazione; ché l’oscenità, benianamente, è stare fuori dalla scena; ché l’amore è un luogo chiuso: una strada senza uscita.  Non puoi tornare indietro mai.

Il grande autore del Deserto dei Tartari si presenta qui in una veste nuova, apparentemente lontana dal capolavoro che lo consegnò agli onori della critica nel 1940, eppure parimenti grandioso nel delineare l’oggetto narrato, il più inflazionato e quindi facilmente suscettibile di banalizzazioni, attraverso costrutti antitetici e sillogismi fallaci.

Sullo sfondo la Milano bene degli anni Sessanta ossigenata dai venti della ripresa economica, così composta e pulita, così efficiente e lungimirante, a fare da cornice a quella che, a primo acchito, assume sfumature grottesche, a metà strada tra il comico e il tragico, sebbene distante anni luce dalle soap opera di quarta categoria che si contendono il podio della demenzialità tranquillizzante nei palinsesti postmoderni; ma poi pian piano si dipana, mettendo in luce l’insignificanza dei drammi amorosi, la tragicommedia dell’avere amato oltre ogni possibile cognizione.

Un uomo perbene, sulla cinquantina, né bello né brutto ma posato e rispettabile, di quelli con la cravatta anche ad agosto e l’orecchio teso al mormorio dei passanti: un borghese, diremmo, si disse; e una ragazza perduta e splendida, come un fiore nel deserto, borghese anche lei ma solo nell’anima, ché nella vita fa la squillo per due lire.

Buzzati rimescola i tasselli di quest’amore improbabile, senza il timore di mostrarne il lato putrido e intriso d’interesse, senza il timore di scandalizzare il popolo italiano, in quel periodo – gli anni Sessanta – affaticato dalla corsa alla ribalta sociale, reale o presunta che fosse; e lo fa con l’eleganza della pennellata di certi pittori fiamminghi che scaldano l’anima anche intenti a raccontare la morte, con l’arroganza di chi ha attraversato il fuoco senza nemmeno scottarsi. Con l’intento, forse, proprio di scandalizzare, di scardinare stereotipi e luoghi comuni tipici dell’amor cortese e, attraverso lo shock prodotto, restituire il senso che cova sotto le ceneri degli amori tormentati; con la voglia, forse, più semplicemente, di raccontarsi e raccontare parte del suo camminare, come spesso è stato ipotizzato, ma a noi sostanzialmente poco importa.

Il fuoco sta qui nella rivoluzione dei canoni che delineano, nell’immaginario collettivo, il rapporto amoroso: un vero e proprio processo sovversivo rispetto alla consuetudine letteraria e immaginativa, antifrastico e antitetico rispetto al modello imperante di amore perfetto: in altre parole, la grandezza di Buzzati sta qui nella capacità di trasformare l’osceno in bello, senza negarne l’oscenità ma, anzi, accentuandola: andare al fondo delle cose, degli stati, oltre la pelle e le parole, nel centro esatto, sotto la fuliggine del pensare ordinario.

Quello descritto da Buzzati è un amore incagliato nei meccanismi arrugginiti di un orologio a pendolo, fermo da chissà quanto sulla terza ora della notte; e chissà se non si fermò esattamente sul giuramento d’amore di due amanti lontani e mai perduti; chissà se certi amori, che ora chiamiamo improbabili, troveranno mai compimento o saranno invece destinati a rincorrere un eterno ritorno; chissà se poi, un borghese e una squillo, sapranno d’essere l’uno per l’altra e infine amarsi senza dover dichiarare a chicchessia il proprio amore, passeggiando in strada a mani strette in una mattina assolata di gennaio.

Enrica Fallone

Titolo: Un amore
Autore: Dino Buzzati
Anno: 1963
Editore: Mondadori

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Utilizziamo i cookie di terze parti per personalizzare i contenuti e gli annunci, fornire le funzioni dei social media e analizzare il nostro traffico. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Leggi l'informativa estesa

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi