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In viaggio con Giancarlo Siani

Scritto da Maria

Regalare i propri 26 anni alla terra in cui si è nati, perché si desidera la verità sopra ogni cosa, quella verità che libera e rende migliori, quella verità che per tanti napoletani sarebbe libertà da una agonia terribile, un’agonia che porta il nome della Camorra. Era il 23 settembre del 1985 quando un giovanissimo cronista de il Mattino di Napoli, Gian Carlo Siani, fu ucciso non lontano da casa, nel quartiere Vomero, mentre era alla guida della sua Mehari verde. Girava così Giancarlo Siani per quelle vie che diventarono un labirinto di intrighi e corruzioni da portare alla luce. A viso scoperto, corpo a corpo con la vita, corpo a corpo con il male che sfidava con umiltà e intuito.

La sua condanna a morte fu da lui stesso firmata con un articolo pubblicato su “Il Mattino” il 10 giugno del 1985, col quale, come spiegò uno degli imputati sospettato di essere tra gli esecutori dell’assassinio, Ferdinando Cataldo, interrogato nel carcere di Poggioreale, il 26 novembre del 1996

… il giornalista faceva capire nell’articolo, lo diceva specificatamente, che Carmine Alfieri e Bardellino dicevano che avrebbero fatto la pace con loro, ma che in cambio dovevano dargli la testa di Valentino Gionta. Cioè il giornalista faceva capire che hanno fatto questo a  Gionta per fare la pace con Carmine Alfieri.

Siani era un cronista di provincia. L’ultimo arrivato nel più grande quotidiano del Sud. Fin dal giorno del delitto, per qualcuno è stato difficile accettare l’idea che fosse stato giustiziato a causa del suo lavoro di cronista di frontiera. All’inizio anche la stessa magistratura ha inseguito ipotesi suggestive quanto irreali, collusioni con cooperative di ex detenuti piuttosto che piste passionali. La verità era altrove ed è venuta fuori solo a partire dalla metà degli anni 90, grazie ad alcuni pentiti e al lavoro di un magistrato determinato come Armando D’Alterio. Una sentenza passata in giudicato nel 2000 ha stabilito che a uccidere il giornalista napoletano alle 20.50 del 23 settembre 1985 sono stati due killer del clan Nuvoletta. Da quello stesso giorno il suo nome è diventato un simbolo di legalità.

Oggi, quella stessa Merahi verde riaccende il motore e attraversa la città, per restituire Giancarlo alla sua Napoli, e infondo per restituire Napoli al suo “cronista abusivo” come Siani si definiva, perché non era ancora entrato nella fase del praticantato, ma era solo un corrispondente che si occupava della cronaca di Torre Annunziata, città dove Giancarlo Siani era divenuto una penna scomoda per chi navigava nelle acque torbide del crimine organizzato, un esempio di coraggio invece per chi aveva una coscienza civile.

L’auto di Siani percorrerà, in una staffetta (sito ufficiale: http://www.inviaggioconlamehari.it/) , alcune strade di Napoli, ripartendo esattamente da dove si era fermata. Alle ore 9.30 di oggi, 23 settembre, (in coincidenza dell’anniversario dell’omicidio avvenuto nel 1985) a turno personaggi simbolo guideranno la Mehari lungo le strade della città. Un modo simbolico di far ripartire una storia, un modo concreto di riconciliazione di Giancarlo con la sua città, un atto forte per “far memoria” nella coscienza collettiva.
La Mehari giungerà a fine staffetta presso la sede del quotidiano “il Mattino” e porterà con se le storie di altre vittime, storie di sofferenze e di riscatto che Giancarlo avrebbe raccontato. Si fermerà al giornale di Giancarlo, dove era arrivata tra l’incredulità dei colleghi, 28 anni fa, la notizia invece della sua morte. Un cerchio che si chiude, forse che si riapre.

La Mehari arricchita di tante storie verrà accolta nella sede del giornale di Giancarlo alle ore 12.00, dando inizio al “Premio Giancarlo Siani”. Qui stazionerà per quattro giorni nei locali dove un tempo erano installate le rotative per la stampa del giornale. Dal 24 al 26 settembre, vi saranno tre mattinate dedicate agli studenti che guidati da giornalisti e figure istituzionali all’ombra della Mehari discuteranno del “Mestiere di giornalista e di libertà di stampa”.

Dal 27 settembre al 15 ottobre la Mehari sarà al Palazzo delle Arti di Napoli per una serie di incontri sui temi della libertà di stampa e delle vittime innocenti della criminalità.

In viaggio con la Mehari di Giancarlo Siani, in viaggio con la speranza e la luce degli eroi, quelli veri, senza superpoteri, quelli la cui vita è un martirio, quelli odiati dai cattivi e pure dai buoni, perché tutto sommato si poteva fare i fatti suoi, a che cosa è servito morire?

A non smettere di creder in qualcosa. Per molti non è abbastanza, per altri, pochi, è tutto: la visione del sogno e la bellezza di una realtà che si può dipingere diversamente.

Giancarlo Siani non ha fatto in tempo a scrivere il libro inchiesta a cui stava lavorando, quando è stato ucciso, nella scassatissima auto decappottabile, in ufficio e a casa, non è stata trovata traccia del dossier che stava preparando. Eppure continua a scrivere, oggi più di ieri, perché in lui il potere del sogno e della parola si sono fatti memoria.

Maria Mancusi

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