Cultura e società Editoria

Le donne del premio Nobel per la Letteratura

Scritto da Tonia

82 anni, canadese, scrittrice di racconti che penetrano nella profondità delle relazioni umane, “maestra del racconto contemporaneo” Alice Munro, è la vincitrice del premio nobel per la letteratura 2013.

Conosciuta e apprezzata il tutto il mondo per il suo stile narrativo, caratterizzato da chiarezza e realismo psicologico, poggia le sue opere sulle relazioni umane nella vita ordinaria. Paragonata spesso a Anton Cechov per la sua capacità di descrivere il dissidio interiore dell’animo umano, le sue storie prendono spunto dal luogo della sua giovinezza Wingham, una cittadina conservatrice ad ovest di Toronto, e dalla rivoluzione socio culturale degli anni Sessanta.

Il tratto distintivo della sua scrittura è la capacità di descrivere i dettagli, di disegnare minuziosamente i suoi personaggi evidenziandone paure, debolezze, errori per mostrarli nella loro nudità interiore.

L’autrice, vincitrice per tre volte il principale premio letterario candese, Governor General’s Award, è diventata famosa per la narrativa breve. Tra le opere che hanno suscitato premi e plausi della critica Il sogno di mia madre, In fuga, La vista da Castle Rock. Il Nobel è il coronamento della sua carriera.

 L’ineffabile eccitazione che si prova quando un disastro imminente promette di sollevarci da ogni responsabilità collegata alla vita. In quei casi, un senso di pudore costringe a darsi un contegno e a restare immobili.

Alice Munro è la tredicesima donna a vincere il premio Nobel per la Letteratura. Prima di lei, dodici donne, autrici appassionate, lottatrici, intimiste, idealiste, sognatrici, critiche, hanno ottenuto l’ambito premio per la Letteratura.

Nel 1909 il premio è stato assegnato all’autrice svedese Selma Lagerlöf  “per l’elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere”. La poetessa svedese coltivò la propria ispirazione poetica nelle tradizioni e nella legende svedesi traducendole in una prosa poetica calda e piena di colore che trova il suo compimento nell’espressione dell’amore, il sentimento inesauribile che muove l’azione di ogni uomo.

Donare significa dare ad un altro quel che si preferirebbe tenere per sé.

Il 1926 è stato l’anno della scrittrice sarda Grazia Deledda “per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi”. Una narrativa che nasce da un verismo regionale e folcloristico dove si sviluppano storie di passioni elementari e esseri primitivi, dove domina il senso del peccato e di fatalità contrapposto a un’ansia di liberazione e riscatto che trova espressione nella leggerezza del paesaggio.

Mutiamo tutti, da un giorno all’altro, per lente e inconsapevoli evoluzioni, vinti da quella legge ineluttabile del tempo che oggi finisce di cancellare ciò che ieri aveva scritto nelle misteriose tavole del cuore umano.

Nel 1928, grazie ai romanzi Kristin Lavransdatter e Olav Audunnsøn ambientati nel medioevo nordico, “principalmente per la sua imponente descrizione della vita nordica durante il medioevo” il premio è toccato alla norvegese Sigrid Undset che ha fondato le sue opere sulla crisi dei valori dell’uomo e la ricerca di verità eterna, l’antitesi fra amor sui e amor Dei, vista sullo sfondo psicologico e ideologico della Chiesa medievale, ma sentita come dramma eternamente rinnovantesi nell’anima umana.

Nel 1938 il premio è stato assegnato all’americana Pearl S. Buck “per le sue ricche ed epiche descrizioni della vita contadina in Cina e per i suoi lavori autobiografici”. I suoi romanzi, quasi tutti ambientati in Cina, dove lei stessa ha trascorso gran parte della sua vita, mostrano una rara comprensione dell’animo dei contadini cinesi.

È vera saggezza di vita saper scoprire il meraviglioso nelle cose di ogni giorno.

Nel 1945 l’educatrice femminista cilena Gabriela Mistral conquista il Nobel “per la sua lirica, ispirata da forti emozioni, che ha fatto del suo nome un simbolo delle aspirazioni idealistiche dell’intero mondo latino americano”. L’autrice trova la sua ispirazione nel semplice contatto con le cose, attraverso il quale affronta l’amore colto in tutte le sue fasi e sfumature: dallo sbocciare dell’idillio fino al rinnovarsi nel ricordo e nel dolore, per arrivare all’infanzia, con un sentimento di maternità frustrata, e a una forma di una religiosità panteista.

Certi sorrisi non sono di felicità, ma rappresentano un modo di piangere con bontà.

Il 1966 è stato l’anno della poetessa tedesca Nelly Sachs, la poetessa dell’olocausto che con un linguaggio tormentato non risparmia chi la legge, premiata “per la sua scrittura lirica e drammatica eccezionale, che interpreta il destino d’Israele con resistenza commovente”.

 Creature di nebbia/ andiamo di sogno in sogno/ sprofondiamo attraverso mura di luce/ dai sette colori.

Nel 1991 conquista il premio la scrittrice sudafricana Nadine Gordimer che “con la sua scrittura epica magnifica è stata di notevole beneficio all’umanità” esprimendo con grandi qualità stilistiche e inventive la rivolta contro la politica razzista sudafricana.

La verità non è sempre bella, ma la fame di verità sì.

Il 1993 è l’anno dell’afroamericana Tony Morrison “che in racconti caratterizzati da forza visionaria e rilevanza poetica dà vita ad un aspetto essenziale della realtà americana”. L’autrice attraverso intrecci e personaggi di acuta sensibilità pone al centro della sua opera la ricostruzione delle radici culturali della popolazione di colore degli Stati Uniti sottolineando la perdita d’identità da cui sono minacciati soprattutto le donne e i giovani .

In nessun momento della mia vita ho sentito il desiderio di essere americano.

Nel 1996 Wisława Szymborska, poetessa polacca, recentemente scomparsa, si aggiudica il premio “per la poesia che con ironica precisione permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti di realtà umana”. L’autrice partendo dall’osservazione del quotidiano tocca argomenti di respiro etico che riflettono sulla condizione delle persone, sia come individui che come membri della società umana, interrogandosi sulla condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo, contrapposto ed estraneo al mondo della natura.

Non c’è vita | che almeno per un attimo | non sia immortale.

“Per il flusso melodico di voci e controvoci in romanzi e testi teatrali, che con estremo gusto linguistico rivelano l’assurdità dei cliché sociali e il loro potere” le contraddizioni della società austriaca contemporanea, le prevaricazioni maschili sulle donne e la desolante incapacità di queste ultime di riscattarsi, nel 2004 Elfriede Jelinek, scrittrice e drammaturga austriaca vince il Nobel. Un sapiente montaggio del linguaggio dei fumetti, della pubblicità e della scena musicale caratterizza la sua scrittura con una precisa funzione demistificatrice.

Se qualcuno vive un destino, allora non qui.
Se qualcuno ha un destino, è un uomo, se qualcuno riceve un destino, è una donna.
Disgraziatamente qui la vita passa, solo il lavoro resta.
Qualche volta una delle donne cerca di unirsi alla vita che passa e di chiacchierare un po’ con lei.
Ma spesso la vita se ne va via in macchina, troppo veloce per la bicicletta.

Il 2007 è il momento di Doris Lessing “cantrice dell’esperienza femminile che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa”. L’evocazione dell’Africa, il ritratto critico della borghesia con i suoi miti e i suoi tabù e l’indagine del profondo caratterizzano i suoi scritti.

È dai falliti e dagli sconfitti di una civiltà che se ne possono meglio giudicare le debolezze.

Herta Müller “con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa, dipinge il panorama dello spodestato” ottiene il Nobel nel 2009. Tedesca ma cresciuta in Romania è conosciuta soprattutto per testi che descrivono le dure condizioni di vita sotto Ceauşescu.

Soltanto dare contemporaneamente un senso a ciò che si è guardato significa vedere.

Tonia Zito

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