Cultura e società

Partiti di ieri, partiti di oggi

Scritto da Maria

Certe volte bisogna giocare a fantapolitica e guardare al presente immaginando il futuro.  In questi due mesi si sono avvicendate le più svariate soluzioni politiche e le più diverse previsioni per il futuro, alcune condivisibili altre un po’ meno. Probabilmente la prospettiva con cui tutto andrebbe analizzato è sempre e solo quella storica. Allora ci accorgeremmo che tanti passaggi insignificanti, in realtà nascondono ben altro. E che se fino a ieri risuonava come vangelo l’osservazione di Marx – “la storia di ogni società esistita fino a questo momento è storia di lotte di classi” – oggi verrebbe da chiedersi, considerando la situazione italiana, se ci sia ancora una verità nelle parole del pensatore tedesco, ma soprattutto quali scenari si aprano per la storia della politica, dei partiti e in particolare della democrazia. Tenere le fila di quella italiana non è molto difficile. La nostra è storia giovane e recente, seppure già implosa. Essa parte dagli schieramenti politici della destra e della sinistra storica che poco avevano a che fare con il concetto di partito, almeno come lo concepiamo oggi o dovremmo concepirlo, e che si nutrivano del consenso del proprio “feudo elettorale”, per passare prima attraverso l’affermazione – sorvoliamo volontariamente e isoliamo dal nostro discorso l’esperienza fascista per concentrarci solo sullo sviluppo dei principali rami politici e sul loro divenire storico – dei  grandi partiti di massa, quello socialista, quello comunista, quello democristiano, che hanno esteso il concetto di rappresentanza politica, coinvolgendo vaste fasce della società, poi attraverso la loro disfatta, sul finire degli anni Novanta, che ha portato alla nascita di due partiti come Forza Italia e Lega Nord che hanno nuovamente ristretto, o almeno così ci sembra di poter dire a una interpretazione dei fatti, la rappresentanza politica a zone territoriali e a classi sociali, legandosi a figure/capi carismatici, come Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, senza i quali la mission e la vision stessa della compagine politica sarebbe enormemente ridimensionata, ma anche un nuovo riassetto dei partiti di sinistra che ha visto uno svilirsi delle pulsioni estremiste e un cristallizzarsi di posizioni moderate che non sempre, per essere eufemistici, hanno trovato un amalgama. Fino ai giorni nostri è stato un alternarsi di programmi e progetti sterili, nati all’interno di uno pseudo bipolarismo centro destra – centro sinistra, che non ha soddisfatto le esigenze della nazione, perché i partiti non hanno risposto in base alla loro ideologia alle pressioni delle classi che rappresentavano. Hanno semplicemente fatto implodere la politica in un mare di corruzione e di giochi di potere, dove la politica ha finito per rappresentare se stessa e non gli italiani. Un rischio questo in cui facilmente si incappa, quando l’imborghesimento e l’omologazione della popolazione in stili e modi di vivere ha appiattito, a partire dalla base elettorale, le ISTANZE. E l’istanza, in ambito sociologico e politico, ha un valore fondamentale, perché è la richiesta da parte di una o più classi sociali, non necessariamente dominanti in un dato periodo, di cambiamento, nel tempo, delle norme sociali, politiche, comportamentali, finora esistenti, a volte attraverso conflitti che, pur rimanendo latenti, sono portatori di tali eventi.

Negli ultimi quindici anni circa, il benessere più o meno diffuso all’interno della società italiana ha anestetizzato il senso dei responsabilità degli elettori stessi e avviato, attraverso la completa e fisiologica assenza di un meccanismo di lotta di classe, per riprendere il pensiero di Marx, un ristagno della politica, al punto tale che, oggi, è nato un nuovo e stavolta autentico bipolarismo tra la politica dentro il parlamento e l’antipolitica fuori dal parlamento. Addirittura con le ultime elezioni, l’antipolitica ha messo germi all’interno delle camere e il Movimento 5 stelle si avvia, insieme a pochi altri partiti (si pensi a SEL) a costituire l’opposizione, a mio giudizio, nei confronti di un nuovo tipo di partito, un partito centrista che potrebbe inglobare in sé le pulsioni del vecchio centro sinistra e del vecchio centro destra. Non è fantapolitica infatti fare un certo tipo di considerazione e prendere atto che, dalle ceneri dei due principali partiti, la spinta verso il futuro possa farne nascere uno solo, forse più rappresentativo dell’appiattimento sociale delle classi medie, a cui si contrapporrà, come si contrappone oggi, una compagine demagogica, populista e anarchica, che ancora per poco costituirà una minoranza parlamentare, e che rappresenta, per le istanze di cui si fa portavoce in un momento storico di crisi economica e di disorientamento sociale, una nuova ideologia di sinistra.

Il futuro del dibattito democratico italiano sembra dipendere, dunque, da due fattori: da quanto la vecchia politica sarà capace di ri-fondarsi e di farsi rappresentanza reale degli interessi pubblici e da quanto la nuova spinta sinistroide sarà capace di accettare e di includersi in un proficuo e sano sistema di confronto e collaborazione politica. Il fallimento anche solo di una delle due incrinerebbe in modo sanabile le sorti della democrazia italiana.

Maria Mancusi

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