Cultura e società

Omosessualità

Scritto da Maria

Innanzi tutto, i generi degli uomini erano tre, e non due come ora, ossia maschio e femmina, [189E] ma c’era anche un terzo che accomunava i due precedenti, di cui ora è rimasto il nome, mentre esso è scomparso. L’andrógino era, allora, una unità per figura e per nome, costituito dalla natura maschile e da quella femminile accomunate insieme, e nella forma e nel nome, mentre ora non ne resta che il nome, usato in senso spregiativo. Inoltre, la figura di ciascun uomo era tutt’intera rotonda, con il dorso e i fianchi a forma di cerchio; aveva quattro mani e tante gambe quante mani, e due volti [190 A] su un collo arrotondato del tutto uguali. E aveva un’unica testa per ambedue i visi rivolti in senso opposto, e quattro orecchi e due organi genitali. E tutte le altre parti ciascuno se le può immaginare da queste cose che ho detto. Camminava anche diritto, come ora, in quella direzione che volesse. E quando si metteva a correre velocemente, come i saltimbanchi che volteggiano in cerchio a gambe levate, appoggiandosi sulle membra che allora erano otto, si spostava rapidamente ruotando in cerchio. Perciò i generi erano tre e di queste nature, [B] in quanto, il maschio aveva tratto la sua origine dal sole, la femmina dalla terra e il terzo sesso, che partecipa della natura maschile e di quella femminile, dalla luna, la quale partecipa della natura del sole e della terra. E le loro figure erano rotonde e così il loro modo di procedere, perché assomigliavano ai loro genitori. Quanto a forza e vigore erano terribili e nutrivano un sentire orgoglioso, e quello che dice Omero a proposito di Efialte e di Oto, che tentarono di dare la scalata al cielo [C] per assalire gli dèi, si dice anche di loro. Zeus dunque e gli altri dèi si radunarono a consiglio per stabilire cosa dovevano fare, ma si trovarono nell’incertezza. Infatti non potevano sopprimerli fulminandoli e farne sparire la razza come fecero con i Giganti; sarebbero scomparsi infatti tutti gli onori e i sacrifici da parte degli uomini nei loro riguardi; né d’altra parte potevano lasciare che si abbandonassero all’insolenza. Zeus, dopo aver pensato, e con fatica, disse: «Penso di avere un mezzo che permetterebbe agli uomini di sussistere e cessare la loro insolenza, rendendoli più deboli. Dunque ora taglierò ciascuno di essi in due parti eguali e così diverranno più deboli e insieme più utili per noi per essere più numerosi. E cammineranno in posizione eretta, su due gambe. Se parrà poi che persistano nella loro insolenza e non vorranno starsene in pace, li taglierò di nuovo in due, in modo che saranno costretti a camminare saltando su una gamba sola». Detto ciò, tagliò gli uomini in due come quelli che [E] tagliano le sorbe in due e ne preparano la conservazione, o come quelli che tagliano le uova con un filo. E per ciascuno di quelli che tagliava dava ordine ad Apollo di volgergli il volto e la metà del collo verso il taglio, per rendere l’uomo più misurato alla vista del taglio subito, ed ordinava pure di sanare tutte le altre parti. E Apollo rivoltava il viso e tirando da ogni parte la pelle sopra quello che ora vien chiamato ventre, come borsette che possono restringersi con uno spago facendone una bocca sola, la legava nel mezzo del ventre, ed è quello che ora chiamiamo ombelico. Stendeva poi le altre numerose pieghe [191A] e modellava il petto con uno strumento simile a quello che usano i calzolai quando spianano sullo stampo le pieghe del pellame; ne lasciava però qualcuna intorno alla pancia e all’ombelico, perché fossero di ammonimento dell’antico castigo. Allora, dopo che la natura umana fu divisa in due parti, ciascuna metà, desiderando fortemente l’altra, tendeva a raggiungerla. E gettandosi attorno le braccia e stringendosi forte l’una all’altra, morivano di fame e [B] di inattività, perché nessuna delle due parti voleva fare nulla separata dall’altra. E quando una metà moriva e l’altra rimaneva in vita, quella che sopravviveva ne cercava un’altra e vi si intrecciava, sia che capitasse nella metà di una donna per intero, quella che ora chiamiamo senz’altro donna, sia che si imbattesse in quella di un uomo. E in questo modo morivano. Zeus allora, avendone pietà, escogitò un altro espediente. Trasportò i loro organi del sesso sulla parte anteriore, giacché fino a quel frangente li portavano all’esterno e generavano e partorivano [C] non fra di loro, ma congiungendosi con la terra, come fanno le cicale. Dunque traspose questi organi sul davanti, così come è ora, e fece sì che la generazione avesse luogo mediante l’uso reciproco di questi organi, per opera del maschio e della femmina. Per queste ragioni se un maschio si imbatteva in una femmina, generava e dava continuità alla razza, e invece se un maschio si incontrava con un maschio, quando fosse giunta la sazietà del loro stare insieme, avendo posto termine all’unione, si rivolgessero poi al loro lavoro e si prendessero cura delle altre faccende della vita. Da tempo dunque [D] è connaturato negli uomini l’amore degli uni per gli altri che ci riporta all’antica natura e che tenta di fare un essere solo da due e di risanare la natura umana.

Platone Simposio

«Sono gay. L’Italia è un Paese libero ma esiste l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza» è quanto ha scritto lo studente gay di 21 anni che, nella notte tra sabato e domenica (26/27 ottobre), si è tolto la vita gettandosi dall’11 esimo piano dell’ex pastificio Pantanella, sulla Casilina. Si tratta della terza tragedia, in dodici mesi, che vede come protagonista un giovane omosessuale nella Capitale. A novembre scorso uno studente del liceo scientifico Cavour di 15 anni si era tolto la vita legandosi una sciarpa intorno al collo. Questa estate stessa tragedia in un palazzo in zona Torraccia: «Sono omosessuale, nessuno capisce il mio dramma» aveva scritto un quattordicenne prima gettarsi dal terrazzo di casa. A maggio, uno studente di 16 anni, di origini romene, si era gettato durante la ricreazione da una finestra del terzo piano dell’istituto tecnico che frequenta nella capitale, in zona Marconi. Fortunatamente una auto aveva attutito il colpo e il ragazzo si era fratturato solo le caviglie.

Questi eventi in sé lasciano uno sconcerto inspiegabile, tanto inspiegabile quanto semplice e immediata è la spiegazione del sesso e dell’amore proposta, di sopra, da Platone nel Simposio, proposto in apertura. E diventa naturale chiedersi quando si comincerà a fare i conti con la verità, ovvero col semplice fatto che l’omosessualità è solo una variante tra gli infiniti modi in cui si manifesta il sesso.

 Gli omosessuali rappresentano il 5 per cento della popolazione mondiale. Perfettamente uguali agli altri salvo nelle preferenze sessuali. Eppure gay e lesbiche sono ancora fonte di imbarazzo, di reticenza, di paura. La causa principèale di questo disagio è forse, l’ignoranza. Ciò che non si conosce spaventa. E pochi sanno dare una definizione precisa dell’omosessualità: malattia fisica? Psichica? Un difetto? Una scelta trasgressiva e condannabile? O solo una delle tante variabili della normalità come essere mancini? E ancora: omosessuali si nasce o si diventa? Anche la scienza ha le sue responsabilità, perché non è riuscita finora a dare risposte precise. Oggi le cose, però, stanno cambiando e cominciano ad arrivare delle risposte. Due su tutte. Primo: l’omosessualità si manifesta in modi diversi. Secondo: bisogna smettere di pensare all’esistenza di due soli sessi. Tra i due estremi, il maschio più virile e la femmina più femminile, esiste un’infinita gamma di modi intermedi di essere, perché l’identità sessuale non è determinata solo dal tipo di organi sessuali esterni. Si pensi ai maschi glabri, con tessuti grassi distribuiti sulle cosce più che intorno alla vita, con voce acuta o alle femmine irsute, con voci baritonali, con poco o niente seno.

Il sesso insomma è un puzzle con infinite possibilità di soluzione. Un tempo bastava per attribuire il sesso a una persona, l’occhiata di un’ostetrica, oggi no.

Per quanto i giudizi storici, in merito all’omosessualità, possano variare, nessuno scienziato oggi potrebbe invece definirla “contro natura”, semplicemente perché in natura l’omosessualità esiste, dagli insetti ai cani, come ha dimostrato l’etologo Giorgio Celli , che ha sostenuto venga ampiamente usata per tenere sotto controllo la crescita demografica, grazie a dei meccanismi automatici che la fanno aumentare o diminuire.

L’omosessualità è allora un difetto, una malattia? Neppure. La medicina ha rinunciato a considerarla patologica. Dal 1980 gli psichiatri americani l’hanno cancellata dall’elenco delle malattie mentali e dal 1991 anche l’Organizzazione mondiale della sanità l’ha depennata dalla lista delle manifestazioni morbose. Alla ricerca di una risposta su cosa sia l’omosessualità la scienza ha negli ultimi anni studiato le varie fasi in cui si sviluppano i caratteri sessuali, partendo da quello che è alla base di tutto, il cosiddetto sesso cromosomico, scoperto sessant’anni fa. Nella parte più interna di ogni cellula umana in 23 coppie di cromosomi sono conservate le istruzioni per costruire l’intero organismo. Due di queste coppie sono diverse secondo il sesso: nei maschi hanno forma di XY e nella femmina di XX. Il cromosoma Y contiene il gene della mascolinità, quello X della femminilità. Le possibilità di variazioni cominciano da qui. Un maschio ogni 20 mila nasce con i due cromosomi sessuali femminili XX e ogni 100 mila femmine ne nasce una con i cromosomi sessuali maschili, XY. Ogni 30 mila nascite, poi, un individuo XX ha genitali interni sia maschili che femminili, cioè è un ermafrodita sterile. E un maschio su 700 ha due XX e un Y. Alcune di queste varianti possono portare all’omosessualità? No, almeno gli studi non lo hanno scoperto finora, ma è molto probabile che possano avere un’influenza sulla sessualità, anche se non si sa ancora quale.

In sostanza: l’omosessualità è una variante tra le tante possibili nel sesso, con una legittimità naturale, quanto quella dei capelli rossi tra quelli albini e quelli neri.

Maria Mancusi

 

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